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L'amministratore può concedere un piano di rientro al condomino moroso senza autorizzazione dell'assemblea?

2025-05-11 17:59

Avv. Laura Francinella

L'amministratore può concedere un piano di rientro al condomino moroso senza autorizzazione dell'assemblea?

Nel condominio la morosità è un problema diffuso che può creare tensioni e difficoltà finanziarie e il recupero crediti è a volte lungo e costoso, in

Nel condominio la morosità è un problema diffuso che può creare tensioni e difficoltà finanziarie e il recupero crediti è a volte lungo e costoso, in quanto i condomini in regola con i pagamenti devono anticipare i costi della procedura giudiziaria. È normale quindi che l’amministratore, se richiesto dal condomino moroso, sia quasi sempre propenso a concedere un piano di rientro dilazionato.

 

Tuttavia molti non sanno che l'amministratore di condominio non può autonomamente siglare un piano di rientro rateizzato con un condomino moroso senza la preventiva approvazione dell'assemblea condominiale.

 

La giurisprudenza e la dottrina sono concordi nell'affermare che la concessione di una dilazione di pagamento o la stipula di un piano di rientro costituiscono atti di straordinaria amministrazione, in quanto incidono sui diritti di credito del condominio nei confronti del condomino moroso. La rateizzazione di un debito, infatti, comporta un ritardo nel rientro delle somme necessarie alla gestione del condominio, esponendolo a decreti ingiuntivi dei fornitori, richieste di danni e anticipazioni da parte dei condomini in regola con i pagamenti.

 

Ma partiamo dall’inizio. L’amministratore di condominio ha il compito di gestire le parti comuni dell’edificio e di riscuotere le quote condominiali. In caso di morosità, l’amministratore ha l’obbligo di agire entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio per recuperare il credito (salvo dispensa espressa da parte dell’assemblea).

 

Se la lettera di sollecito o la procedura monitoria (decreto ingiuntivo) non sortiscono gli effetti sperati, l’amministratore deve altresì mettere in atto le procedure esecutive (ad esempio il pignoramento della casa, dello stipendio, del conto corrente, dei canoni di affitto o della pensione) per riscuotere il dovuto, eventualmente ponendo al riparo il credito condominiale con l’iscrizione di una ipoteca.

 

La violazione di tale obbligo può determinare la revoca del professionista da parte dell’assemblea (o, in caso di mancato accordo, dell’autorità giudiziaria) e, in caso di danni derivanti dal ritardo, il risarcimento del danno in favore del condominio.

 

Ove il ritardo dell’amministratore nell’esazione del credito condominiale abbia tangibilmente creato un danno al condominio per il recupero del credito (rendendolo in tutto o in parte non più recuperabile), il professionista potrebbe essere chiamato ex post a rispondere in termini di risarcimento del danno.

 

Quando l’amministratore è dispensato dall’agire contro il condomino moroso.

 

L’amministratore di condominio ha per legge l’obbligo di attivarsi per il recupero dei crediti nei confronti dei condomini morosi, generalmente tramite la procedura monitoria (decreto ingiuntivo). Tuttavia, esiste la possibilità di essere dispensato da tale obbligo: questa facoltà può essere esercitata solo dall’assemblea condominiale, che deve deliberare esplicitamente la dispensa dall’agire in via monitoria contro il condomino moroso.

 

Per ottenere tale dispensa, l’amministratore deve convocare l’assemblea condominiale e sottoporre ai condomini la proposta di dispensa dall’azione monitoria nei confronti del condomino moroso, eventualmente insieme a un piano di rientro rateizzato.

 

La richiesta di dispensa viene posta ai voti. La delibera è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio (500 millesimi).

 

Solo dopo l’approvazione assembleare, l’amministratore è formalmente dispensato dall’obbligo di agire giudizialmente per il recupero del credito entro i termini previsti (sei mesi dall’approvazione del bilancio)

 

La Corte di Cassazione (sentenza n. 5021/2017) ha stabilito che per dilazionare il debito di un condomino è necessario il consenso dell’assemblea, che deve essere convocata dall’amministratore e chiamata a deliberare sulla proposta di piano di rientro. A tale scopo, è necessaria la maggioranza dei presenti alla riunione e almeno 500 millesimi.

 

Il saldo e stralcio

 

A maggior ragione, l’autorizzazione dell’assemblea condominiale è indispensabile nel caso il condomino moroso richieda un pagamento a saldo e stralcio.

 

Il “piano di rientro” è infatti un accordo che prevede il pagamento integrale ma rateizzato del debito, con scadenze e importi predeterminati, eventualmente con la previsione di interessi legali. Il “saldo e stralcio”, invece è l’accordo che estingue il debito mediante un pagamento di solito unico, inferiore all’importo originariamente dovuto, con "stralcio" (riduzione) del credito.

 

Per accordare un saldo e stralcio, abbonando una parte del debito al moroso, è necessaria l’unanimità dei voti dell’assemblea condominiale. Difatti, le spese non pagate dal moroso ricadrebbero inevitabilmente sugli altri condomini, alterando il criterio di ripartizione millesimale delle spese stesse, criterio imposto dall’articolo 1123 del codice civile, norma che può essere derogata solo con il consenso di tutti i condomini.

 

In sostanza con il pagamento a saldo e stralcio da parte del condomino moroso, i condomini in regola con la propria contribuzione si vedrebbero, infatti, costretti ad accollarsi il debito del condomino moroso e dunque a versare un quid in più rispetto a quanto dovuto in base alle rispettive carature millesimali.

 

Di conseguenza, se anche un solo condomino decide di porre il veto, la delibera non potrebbe essere adottata pena l’illegittimità, peraltro nella forma più radicale della nullità. Va comunque registrata nella giurisprudenza qualche voce dissenziente.

 

Al contempo, è altresì vero l’articolo 1123 configura la proporzionalità quale regola generale «salvo diversa convenzione», dal che sarebbe astrattamente possibile, tramite un regolamento a natura contrattuale - ossia predisposto dall’originario costruttore e recepito dai successivi condomini tramite il richiamo nei rispettivi rogiti di acquisto e la trascrizione nei pubblici registri immobiliari, ovvero, in alternativa, una delibera adottata dall’intera compagine - introdurre un meccanismo che autorizzi la messa a perdita con votazione a maggioranza, così da evitare a monte ogni impasse decisionale.

 

Diverso è il caso in cui le somme vantate nei confronti del condomino moroso risultino oggettivamente non più escutibili, essendosi esaurita anche la procedura esecutiva immobiliare con il trasferimento dell’unità a terzi. In tal caso appare evidente la possibilità di decidere a maggioranza sulla messa a perdita del credito, poiché il rischio di perpetuare in eterno nel bilancio condominiale un credito inesigibile consente di superare ogni eccezione.

 

Si pensi al caso di un condominio che ottenga un decreto ingiuntivo contro il debitore ma che poi non prosegua con l’esecuzione forzata. Nel frattempo, un terzo creditore iscrive un’ipoteca sulla casa del condomino moroso. Nel caso di specie bisogna verificare se la suddetta ipoteca possa essere considerata un impedimento tale da rendere inesigibile il credito condominiale. Tutto dipende dall’entità del credito ipotecario e dal valore dell’immobile: se il primo è pari o superiore al secondo è verosimile che il condominio, anche insinuandosi nella procedura esecutiva, non verrà soddisfatto e quindi perderà ogni possibilità di recupero delle somme.

 

Peraltro l'amministratore che non riscuote le quote condominiali dai proprietari morosi è tenuto a risarcire i danni al condominio. Quindi, per evitare accuse di mala gestio, è necessario che l'amministratore abbia attivato compiutamente la procedura giudiziaria fino, almeno, alla notifica degli atti al debitore, cioè decreto ingiuntivo e pedissequo atto di precetto.

 

In sintesi, dunque, amministratore deve sempre chiedere l’autorizzazione dell’assemblea prima di sottoscrivere un piano di rientro rateizzato con un condomino moroso. Qualsiasi accordo stipulato senza tale autorizzazione è privo di valore legale e può comportare responsabilità per l’amministratore. Ciò vale, a maggior ragione, nel caso in cui il condomino moroso richieda un pagamento a saldo e stralcio della sua posizione debitoria.

 

 

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